Atto I - L'inizio della Fine

Mi allontano lentamente dalla porta, mentre il suono del flauto continua a insinuarsi nella mia mente con la sua melodia inquietante. Raggiungo i miei compagni al centro della stanza e scuoto leggermente il capo.

"Questo posto è... incredibilmente anonimo," mormoro a bassa voce. Faccio un respiro profondo, poi aggiungo con un brivido nella voce: "E quel flauto... non smette mai. È sempre uguale, sempre presente. Decisamente irreale."

Mi fermo per un attimo, cercando conferma negli sguardi dei miei compagni, poi torno alla domanda che probabilmente tutti ci stiamo ponendo. "Allora, quale porta apriamo per prima?"

I semitoni della melodia fanno accapponare la pelle. C'è qualcosa di sbagliato in quel suono: la "voce" innocente del flauto viene storpiata dalle note che entrano nell'orecchio, facendo vibrare i timpani e risvegliando sensazioni spiacevoli. Lauren si passa le mani sulle braccia, come per riscaldarsi e scacciare il brivido. Sentendo la domanda di Ponzi, si muove veloce e indica l'uscio opposto a quello da cui sembra arrivare il suono. "Questa", dice con un ansito, sperando che li porti più lontano possibile. Poggia il capo al battente e cerca di isolarsi dalla musica.

Piuttosto deluso da non aver trovato indizi, mi concedo qualche minuto per guardarmi in giro immaginando la scena di Ubertino che entra nella stanza.
Una persona che arriva qui dai cunicoli sarebbe impressionata da quello dico indicando l'arazzo se poi i fumi dell'alcool hanno reso il suo sguardo offuscato e la sua mente fragile, immagino che guarderebbe di fronte a se lo scambierebbe facilmente per un drago e fuggirebbe subito da dove è arrivato
indico la porta che piu di altre si trova esattamente di fronte all'arazzo, quella che secondo la mia ipotesi conduce ai cunicoli

Mi blocco di colpo alla vista delle celle, il battito del mio cuore accelera alla vista dei macabri resti umani.

Con un gesto meccanico, prendo nuovamente il fazzoletto che Lauren mi aveva dato, e lo porto alla bocca e al naso per cercare di filtrare l'odore nauseabondo che mi ha investito. Respiro a fatica, cercando di non cedere all’impulso di vomitare, e sforzandomi di mantenere la lucidità.

"Siamo in un posto da incubo..." mormoro a bassa voce.

Arretro di un passo incurante del fatto che ppssa spintonare o far inciampare chi è dietro di me. La puzza sembra rendere l'aria quasi solida. Cerco di ritrovare l'equilibrio sulle gambe malferme, quando sento le parole di Giovanni
un incubo mortale... chi può pensare un orrore simile? mormoro

Gli esseri umani sono per Lauren una grande incognita: capaci di meravigliose opere d'arte o gesti d'amore e di atrocità inimmaginabili. Non comprende per quale motivo sotto Ancona possa esserci quell'incubo ma ha appena viaggiato da un luogo all'altro. Forse per questo riesce a non farsi sopraffare dalla disperazione. Ancora una volta si da della pazza per essersi fatta coinvolgere e si ripromette che appena riuscirà ad uscire da lì partirà e non tornerà mai più in Italia. "Proviamo un'altra strada", propone senza commentare quanto ha appena visto.

Faccio eco alle parole di Lauren, ma le formulo come una domanda: "Proviamo un'altra strada...?" Non rispondo perche' la mia mente e' offuscata da un altro dubbio.

Dopo qualche istante, un suono gutturale mi sfugge dalle labbra, come un grido soffocato che rivela un'improvvisa intuizione. I miei occhi si spalancano e, con un’espressione sconvolta, inizio a fare collegamenti tra quanto abbiamo appreso nei giorni passati.

"Non ci credo…," mormoro tra me poi mi volto lentamente verso i miei compagni. "Ferrante… quella giovinezza che ha riacquistato. Può darsi che questi... questi resti," dico, indicando le celle con un gesto tremante, "siano legati proprio a questo fenomeno. Forse è questo il suo 'segreto'. Ha sacrificato queste persone per ritornare giovane."

M fermo un momento: "Se è davvero così... Ferrante è un mostro che si nutre delle vite degli altri per sopravvivere."

La professoressa, alle parole di Giovanni, porta le mani sulle orecchie. "No, no...non voglio ascoltare", bisbiglia scuotendo il capo e facendo dondolare le morbide onde dei capelli scuri. Si gira e quasi corre ad aprire la prossima porta...ne afferra la maniglia....lotta con la voglia di fuggire. Poggia invece la fronte al battente, serrando le palpebre e sperando che la via oltre sia libera.

Mi blocco, il respiro sospeso mentre il suono flebile e inquietante si insinua nelle mie orecchie. I miei occhi si allargano e lentamente si spostano dai resti nelle celle ai volti dei miei compagni, come per verificare che anche loro abbiano sentito. La mia espressione e prima sorpresa, poi una scintilla di speranza illumina per un istante i miei occhi.

La mia voce esce quasi in un sussurro, spezzata dall’emozione: "E se fossero..."

Lascio la frase in sospeso, il resto non ha bisogno di essere pronunciato.

Dopo tutti questi giorni, in questa situazione? Se fossero ancora vivi sarebbero in condizioni piu che disperate dico portandomi le mani al viso, come per non voler vedere o ammettere cosa sta per parasi davanti a noi
Riuscirebbe una persona a superare un orrore del genere, senza perdere per sempre il senso del sè? con questo interrogativo cerco di scostarmi dalla apertura affinchè la fioca luce della stanza possa penetrare quanto piu possibile quel buio mortale

Chi c'è laggiù chiedo con voce malferma, sperando quasi di non ricevere risposta, sperando che quei sussurri siano solo il rumore di qualche ratto...

Mi volto all’indietro, cercando Lauren con lo sguardo. Per un istante, la tentazione di seguirla mi sfiora la mente, ma poi la voce esitante di Charles mi richiama all’attenzione.

La domanda riecheggia nel silenzio pesante, e sento il cuore martellarmi nel petto. Deglutisco, il respiro appena più rapido, poi faccio qualche passo in avanti. Con cautela, sollevo la torcia, cercando di illuminare il fondo del corridoio, là dove l’ombra sembra quasi inghiottire ogni cosa.

Niente. Niente. Niente!!!
Lauren si sposta spasmodicamente da una porta all'altra per cercare una via d'uscita che non sia passare in quel girone dell'inferno. Ma c'è il suono malato che sfiora i timpani facendoli battere ad un ritmo quasi alieno....le riempie le orecchie, arriva al cervello. Tenta di escluderlo portando le mani sui padiglioni. Si volta e si rende conto d'essere sola: Giovanni, l'archeologo...sembra vogliano proseguire e con disperazione, si rende conto di non avere scelta. Questa presa di coscienza, incredibilmente, la calma. Sono giunti lì...lo stesso Ferrante si spostava così, e se lui è rimasto vivo, vuol dire che hanno la possibilità di uscirne. Con la stessa forza d'animo che le ha permesso di lavorare in una realtà maschile, la dottoressa recupera la pistola e segue il gruppo.

Lancio uno sguardo rapido ai miei compagni, e vedo con sollievo che la Professoressa si e' riunita al gruppo. Nei loro volti cerco una conferma, un cenno che rifletta la stessa inquieta curiosità che mi brucia dentro.

Senza bisogno di parole, percepisco la tensione e il tacito accordo che si sta formando tra noi. Se c'è una risposta da trovare, potrebbe essere oltre queste celle.

Con un respiro profondo, stringo la torcia e inizio ad avanzare. I miei passi sono lenti, cauti, il fascio di luce tremolante che si fa strada nel buio oppressivo. Ad ogni cella che passo, sento il mio stomaco contrarsi al pensiero di cosa Ferrante possa aver fatto. Il cuore mi batte forte. Cosa troveremo laggiù?

Giovanni ha rotto il ghiaccio. Gli sono grato per aver preso l'iniziativa: è qualcosa che dobbiamo fare, ma a volte la paura è piu forte del senso del dovere.
Mi affianco a Lauren e Italo, e cerco nella stretta alla pistola la forza per muovere i primi passi
Andiamo. Facciamola finita dico, rendendomi conto solo dopo di quanto sia stonata questa frase.
Approfitto del lieve bagliore che ancora penetra dalla porta per guardare nella prima cella